TRA 5 GIORNI MI ECO-SPOSO!

Siamo al rush finale della pedalata, annunciata un mese fa con questa immagine, Romina ed io in bicicletta vestiti da sposi. Tra una settimana esatta ci sposiamo! E sarà un matrimonio eco (oltre che cristiano). Rispetto al disegno non mi vedrete con un abito blu ma
sempre con un abito che si può usare in altre occasioni formali, per dire anche in questo no allo spreco. Non saremo in bicicletta, ma su una berlina elettrica al 100%, la Fluence Z.E. della Renault.
Questo è l’anno europeo contro lo spreco alimentare e quindi niente riso all’uscita degli sposi ma coriandoli (è anche sabato grasso Infatti…) niente mangiate spropositate che fanno male alla salute e al pianeta, con grandi quantità di cibo che finiscono nel cassonetto, ma un pranzo con menù biologico e a chilometri zero in un agriturismo non troppo lontano dalla chiesa.
No allo spreco anche dei fiori, in chiesa solo piante che resteranno ad addobbarla.
E il giorno prima del matrimonio festa con madre Terra piantando un ulivo nel parco sotto casa sottratto alla speculazione edilizia e gestito da Legambiente. E poi tante altre attenzioni, dalle partecipazioni on line o stampate su carta FSC alle piantine
aromatiche come centrotavola che ogni ospite porterà a casa, provenienti da un vicino vivaio, ai sacchetti di lavanda raccolta dagli sposi nel giardino di Collepino e da loro insacchettata. Ecco le bomboniere, ecco un tentativo di sobrietà. Senza dimenticare l’Umbria (dove si svolgerà una festa campestre in tarda primavera), da dove viene il pane cotto a legna del Molino Buccilli, uno degli ultimi mulini ad acqua dell’Umbria, portato all’altare. E l’olio, quello dei “piantoni” Salari, frutto del lavoro di raccolta di parenti e amici. E infine il viaggio di nozze. La meta, il Costa Rica, è il paese che ha fatto della tutela dell’ambiente e della pace (non ha esercito) la propria bandiera ed ospita una delle più ricche biodiversità del Pianeta.

BRUNO IL VIAGGIATORE

Difficile salutare un libraio che se ne va. Tante volte abbiamo parlato della chiusura di piccole librerie indipendenti, ma questa volta è proprio lui il libraio, Bruno Boschin, a lasciare questa terra. La sua “Libreria del Viaggiatore” a Roma conteneva in appena cinquanta metri quadri un tesoro di libri di viaggi e lui ne era sempre alla ricerca. Insieme a “L’Argonauta” è l’unica libreria di Roma che io sappia dove una copia di “Diario Umbro” non manca mai. Ci siamo fatti ricche conversazioni, ho incontrato amici da lui per caso o per scelta, insomma un bel punto di riferimento e una bella persona. Arrivederci Bruno!

ALBANIA, MORATORIA SULLA CACCIA

In Italia il movimento conservazionista ha proposto per anni di istituire una moratoria alla caccia di tre anni per permettere alla fauna di riprendersi. Non è mai stata presa in considerazione. E ora è il governo albanese che ha proposto una moratoria di due anni per l’attività di caccia. “E’ un provvedimento drastico, ma indispensabile, per poter fermare l’ulteriore perdita della fauna selvatica, già ad un suo minimo storico, a causa di una caccia non controllata”, spiega il ministro dell’Ambiente Lefter Koka. Secondo i dati del ministero, il numero di almeno tre particolari specie locali, quali la lepre, la volpe e la quaglia di montagna, sarebbe paurosamente ridotte di oltre 50 per cento negli ultimi 10 anni. Un altro problema viene considerato il mancato rispetto delle regole da parte dei cacciatori albanesi, circa 75 mila, ai quali vanno aggiunti oltre 11 mila di cacciatori stranieri, dei quali la maggioranza sono italiani. La proposta del ministero e’ stata inserita nell’agenda delle prossime tre settimane del parlamento albanese.
Ma forse i cacciatori italiani sono più disciplinati? Non credo, gli abbattimenti di specie protette sono una triste realtà e se sono diminuiti gli episodi è perché è calato il numero dei cacciatori, sia per un fisiologico cambio generazionale che per la crisi economica che fa calare attività voluttuarie e dispendiose come la caccia.

MANGIAMO CINESE O PIEMONTESE?

Si usa dire che la televisione – che festeggia 60 anni – ha contribuito in maniera determinante all’unificazione linguistica del nostro Paese. Chissà che all’unificazione del gusto non porti invece il successo di Matteo Renzi, o meglio di uno dei suoi main sponsors, Oscar Farinetti e la sua catena Eataly. Qualche sera, ospite di amici romani, mi sono visto servire i ravioli alla borragine di Mondovì, provenienti dal citato negozio. Delicati e ottimi, ma certo prima Mondovì la conosceva fuori regione solo chi ha fatto il militare a Cuneo!
A Milano, invece, in zona Buonarroti, un ristorante che prima serviva solo piatti a base di mozzarella di un caseificio del Lazio mi ha proposto un ottimo coniglio di Carmagnola con salsa di peperoni della stessa cittadina piemontese. Insomma, qualcosa nel gusto sta cambiando, cari gastronauti e amanti del buon mangiare. Era ora che la cucina piemontese venisse conosciuta in tutta Italia e io aspetto il momento in cui mi serviranno al ristorante sotto casa, nella romana Garbatella, la bagnacauda e gli agnolotti al plin. D’altronde non c’è ragione per cui alcuni piatti o prodotti non abbiano trovato la giusta considerazione. Il topinambur, ad esempio, è un tubero arrivato a noi insieme alla patata e io lo trovo delizioso. Perché limitarsi ad usarlo per la bagna? Osiamo di più e buon appetito a tutti.

LO ZUCCHERO CHE UCCIDE

I centri commerciali che avanzano stanno erodendo in tutta Italia l’idea di città così come la conosciamo, con il centro storico come luogo identitario e di aggregazione. L’Aquila, a causa del terremoto, è l’esempio più lampante, ma ovunque succede la stessa cosa. A svuotare il centro ci pensano le amministrazioni locali che avendo perso anche l’Ici non sanno come fare cassa e vendono le grandi superfici dismesse alla grande distribuzione. Se chiudono le botteghe in centro però non è il singolo operatore che rimane senza lavoro, ma la città che muore. Dovrebbero capirlo gli illuminati amministratori di centrosinistra e centrodestra che si stanno rendendo complici di questo disastro.
Tre piccoli esempi tra Umbria e Marche. A Urbino sta nascendo una mega Coop a ridosso di uno dei centri storici più belli d’Italia, i lavori sono già avanzati. Appena iniziati a Foligno i lavori nell’area dell’ex zuccherificio. Anche lì Coop, ma anche negozi, uffici e inutili case visto che Foligno ha già oltre il doppio delle case rispetto agli abitanti. A Fano, infine, ancora una volta un’ex zuccherificio è l’area dove sorgerà l’ennesimo centro commerciale.
Come fa a sopravvivere il macellaio in centro che acquista il cappone dal grossista a 8 euro al chilo quando la grande distribuzione lo vende al cliente a 4 euro e mezzo?

GENTRIFICATA MA MI GARBA

Due mesi per parlare della Garbatella sono pochi, considerando anche la ricchezza di questo quartiere che ha poco più di un secolo di storia (proprio come il mio quartiere di provenienza!).
Certo è che è una scoperta continua e affascina questo amalgama di passato e presente. Se vai alla pasticceria Gori trovi le foto storiche e altri esiti della ricerca del pasticcere, storico per diletto.
Se cammini nel cuore del quartiere ti imbatti nella Casetta rossa, probabilmente il centro sociale più chic della capitale che ben testimonia la trasformazione di questo quartiere rosso e popolare che si sta “gentrificando” come dicono quelli che parlano bene. La gentrification la vedi da questo centro sociale, da come vengono restaurate quelle poche case storiche che passano di mano e da altri piccoli segnali. Al mercato dei contadini incontri gente che viene qui da Monteverde vecchio, ma anche che si trasferisce a Garbatella direttamente. E oggi su una macchina posteggiata ho notato l’adesivo che dà ai residenti il Comune di Porto Ercole. E’ uno staus symbol da Parioli anni ’80 ed evidentemente è arrivato anche qui. Non vedo i bollini del Canittieri Aniene, quelli sì che vengono usati sulle auto per esibire il proprio status sociale, ma qui siamo lontani dal Tevere dei circoli e più vicini a quello raccontato in “Sacro Gra”.

OLIVI A RISCHIO

Caro nonno, non so se da lassù sei informato di quanto sta accadendo sulla Terra,
ai nostri ulivi. Un batterio sta provocando il disseccamento rapido degli ulivi in Puglia, nella zona di Gallipoli. Per il momento è confinato lì, ma secondo un esperto americano è a rischio tutta
l’Europa. Se pensi a quello che è successo per l’olmo con la grafiosi o recentemente con il punteruolo delle palme non c’è da stare tranquilli. Quel che è certo è che l’olivicoltura di cui tanto ti sei occupato non passa un bel momento. I finanziamenti europei che c’erano un tempo non
ci sono più e coltivare “i piantoni” è diventata un’attività in perdita. Non sai quanti uliveti in vendita in Umbria, anche il Comune di Spello ha messo in vendita quelli che aveva. Io invece ne ho acquistato uno 4 anni fa, lungo la strada che porta a Collepino, sotto quelli dello zio Gino. Una faticaccia raccogliere le olive ma ci tengo a farlo e gli ulivi che ci hai lasciato sono troppo grandi e difficili da raggiungere, finché può continua Cencio ad occuparsene. A causa dei cambiamenti climatici è stata una stagione un po’ strana e quindi abbiamo raccolto come sempre per il ponte dei Santi, ma le olive erano un po’ verdi stavolta. Il clima però, per fortuna, mi preoccupa poco. Molto di più la franosità della nostra terra.
Lo sai che abbiamo perso in pochi anni una fila di piante? Sono tutte piano piano scivolate più in basso dal terrazzamento. Se prima erano al limitare, ora sono nella scarpata tra il mio uliveto e quello di sotto, in una terra di nessuno dove impazzano gli ailanti che qui chiamano “toccacieli”.
Piante invasive, cinesi, terribili. Insomma, almeno tre problemi ambientali, per tacere del batterio, minacciano i miei piantoni. E
quindi mi domando non solo che Terra con la t maiuscola lasceremo ai nostri figli, ma anche quale terra, cioè quale terreno, quale
territorio… pensa che la frana che è caduta sulla Flaminia tra Spello e Valtopina è ancora lì, non è mai stata ripristinata la normale viabilità. E intanto arriva l’autunno con nuove piogge e nuove frane!

PRESTIGE, NESSUNA GIUSTIZIA

Ho pubblicato un post sul sito di Greenpeace. Ci sono voluti 11 anni per avere una sentenza. E sono stati tutti assolti per il disastro petrolifero della Prestige, uno dei peggiori nella storia dell’industria petrolifera. Solo il comandante greco ha avuto una condanna che non sconterà, di appena 9 mesi, per essersi rifiutato di rimorchiare la nave. I veri responsabili, come spesso accade per i delitti ambientali, rimangono impuniti.
Ricordo che andammo all’epoca  – noi di Greenpeace Italia, con l’aiuto dei colleghi spagnoli – sul luogo dell’incidente a documentare quello che era successo insieme ad alcuni giornalisti, dalla RAI ai maggiori periodici. Vedemmo gli scogli imbrattati di petrolio, i volontari che si passavano i secchi in una gigantesca e grottesca catena umana, carichi di quel liquido viscido che non ti lascia più. Per farlo andar via, in mare, usavano getti di acqua calda ad alta pressione quando non prodotti chimici.
Ancora non conosciamo con esattezza l’impatto ambientale sull’ecosistema marino di queste operazioni. Di sicuro il petrolio rimosso dalla vista dei passanti sul bagnasciuga è stato gettato in mare. Occhio non vede, cuore non duole.
Così devono aver ragionato le autorità, quando invece di far avvicinare la nave in avaria l’hanno allontanata, ecco una delle vere cause del disastro. Così 63 mila tonnellate di greggio sono finite in mare, toccando le coste di ben tre Stati, ma nessuno paga. In quelle settimane poi l’informazione è stata scarsa quando non falsa, in attesa della marea nera che non si poteva più nascondere.
Si chiama “Costa della morte” quella dove la Prestige si è spezzata in due e anche dagli antichi portolani si sapeva che non è il posto più tranquillo dove transitare con una vecchia carretta dei mari. Nel Mediterraneo, le Bocche di Bonifacio sono un altro punto tempestoso e solo dopo il disastro Prestige e grazie alla pressione degli ambientalisti – Greenpeace in testa – si è riusciti a vietarvi il passaggio delle petroliere. Tutto il bacino del Mediterraneo, in quanto mare chiuso, è però a rischio di incidenti di questo tipo.
Fino a quando non ci sarà una Corte internazionale per i reati ambientali, poi, troppe di queste tragedie resteranno impunite. Con danni per l’ambiente e le comunità. Toccammo con mano allora la depressione economica della Galizia (e la crisi era ancora lontana!) dove la piccola pesca e la raccolta dei frutti di mare erano tra le attività principali e furono duramente colpite dal disastro.
Immagino come saranno rimasti dopo la sentenza pescatori e attivisti come Juan, Julia e Clara che   incontrammo a La Coruňa. Era nato anche un movimento, “Nunca màs” (mai più) ed è quello che ci auguriamo ancora oggi per i disastri petroliferi. Aggiungerei anche un “Nunca màs” a sentenze come questa.
Per evitare che accada un altro Prestige bisogna che gli angoli più fragili del pianeta non siano più oggetto di attenzione delle compagnie petrolifere. Per questo proteggere l’Artico è una battaglia fondamentale e possiamo farcela solo se siamo in tanti perché gli interessi economici allo sfruttamento delle risorse sono enormi. Non a caso 28 attivisti di Greenpeace e due giornalisti free lance “soggiornano” da 58 giorni nelle carceri russe, in seguito a una protesta pacifica contro le trivellazioni.

A RIVEDERCI MASSIMO

Ecco il testo della lettera di Massimo Paolicelli, pacifista appena scomparso, che ho avuto la fortuna di conoscere lavorando ai Verdi 15 anni fa, in cui saluta la vita e i suoi affetti più cari con una consapevolezza disarmante e una fede granitica nella sua dolcezza. A rivederci Massimo, spero proprio di sì:
“Cari Dora, Damiano, Margherita, mamma, papà, Tania, Andrea e Margherita, parenti ed amici tutti: essere cosciente che il passaggio dalla vita terrena a quella ……. da un lato porta alcune angosce, ma dall’altro offre alcune opportunità irripetibili. Innanzitutto voglio ringraziare tutti per come mi siete stati vicini in questo periodo, qualsiasi gesto è stato fortemente apprezzato. In particolare Dora; una moglie eccezionale, sono orgoglioso di aver percorso con lei un bel pezzo di cammino della mia vita. Damiano e Margherita: i miei “cuccioli”, luce della mia vita. Oggi questa catena deve stringersi ancora di più intorno a Dora, Damiano e Margherita…
Voglio lasciarvi non con la tristezza di un addio, ma con una speranza. Durante il periodo della malattia ho avuto l’opportunità di riflettere molto e sono arrivato alla conclusione che questo è un forte segnale venuto da Nostro Signore! Viviamo il nostro quotidiano assecondando un assurdo sistema frenetico produttivo che non è nostro naturale, che dovrebbe dare migliore qualità della vita basato sull’affetto dei nostri cari e dei nostri amici ed una maggiore vicinanza a Dio. Dio ha voluto darmi uno stop: vivere intensamente questo ultimo periodo della mia vita riavvicinandomi con qualità al quotidiano, imparando ad apprezzare meglio ogni dono che viene dal Padre Nostro. Per questo spero che tra i tanti semi di pace, solidarietà ed amore che ho vissuto e che ho seminato in questa mia breve vita ci sia anche l’invito a non aspettare una malattia per capire le priorità della vita. Tante gocce possono scalfire la roccia, cerchiamo di scalfire la roccia dell’indifferenza e dell’egoismo e costruiamo, in nome di Dio, un mondo di giustizia, pace e solidarietà.
Ciao
Massimo”.

 

GATTI, BICI & CO.

Dicono che ti ambienti in un nuovo quartiere quando conosci i tuoi vicini. Beh, per ora posso dire di conoscere Poldino, il gatto dell’isolato, e Mollo il gatto dell’isolato successivo. I territori sono ben delimitati. Tutti i gatti alla Garbatella hanno un nome e sentirete la gente pronunciarli con sicurezza, anche se Mollo credo sia una deformazione romana di “Milvio”, infatti Ponte Milvio è chiamato “Ponte Mollo” o forse il gatto si chiama proprio Mollo. Non so ancora come si chiami il gatto della casa al piano rialzato del mio palazzo. La sera lo trovo come una sfinge che mi osserva rientrare dal terrazzo. Io lo chiamo “il gatto del ciclista simpatico”. La casa in cui abita ha un esercito di bici e ci siamo presentati subito perché, appena arrivato, ho occupato con la mia bici una rastrelliera che pensavo condominiale e si è rivelata essere privata, la loro appunto.Oltre ai gatti conosco ormai anche i senza tetto della zona. Due si piazzano tutte le mattine davanti alle Poste e davanti al supermercato puntando su un target di anziani evidentemente propenso all’elemosina. Il gruppo più impressionante è quello dei disperati che dormono nella scarpata della ferrovia e che incontro la sera con i loro carrelli ingombri di roba. La più singolare è invece la signora che dorme alle Terme di Caracalla e sembra una nobile teutonica decaduta. Infine, i ciclisti. Quanti ne incontro come me in bici ogni giorno. Qualcuno lavora alla Fao e lo invidio perché arriva subito, evitandosi il caos del centro. Qualcun altro imbocca la salita di San Gregorio col pupo seduto dietro e immagino vada all’asilo multietnico Celio Azzurro.

 

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