CIAO NANDA

Gli amici la chiamavano Nanda. Fernanda Pivano si è spenta ieri all’età di 92 anni. Era nota per aver tradotto in Italia tutti i grandi scrittori della beat generation oltre a Hemingway, Gertrude Stein ed altri. La conobbi in occasione del suo ottantesimo compleanno, festeggiato con pochi amici a Positano, in uno splendido albergo a picco sul mare. C’ero anch’io perché “L’Unità”, a cui collaboravo, allora diretta da Walter Veltroni, mi inviò ad intervistare lo scrittore Gore Vidal, uno degli ospiti della festa. Confesso che non conoscevo Vidal e chiesi all’archivio del giornale (allora Internet non c’era così come lo conosciamo oggi) di fare una ricerca e in treno lessi avidamente di tutto. La Pivano fu una bella scoperta e così alcuni suoi amici che ho conosciuto in quell’occasione, tra cui uno psicanalista romano che usa i pappagalli nella terapia.
Andai poi a trovare Nanda nella sua casa romana, a Trastevere, e in quell’occasione mi fece una dedica sul libro “Altri amici, altri scrittori” di questo tipo: “A Gabriele Salari, che scrive sul giornale più bello, l’amicizia di Nanda Pivano”. Di lei colpivano la frizzantezza, la genuinità, che la rendevano cara ai giovani di varie generazioni. Scoprii che aveva studiato al torinese Liceo D’Azeglio (noto a me bambino juventino perché ci avevano studiato molti calciatori bianconeri) e aveva Cesare Pavese come professore. Rimasi colpito della storia del suo arresto da parte delle SS negli anni della guerra. Il motivo? Avevano trovato nella sede della Einaudi il contratto per la traduzione di “Addio alle armi”. Rischiava di morire per la letteratura, è morta per fortuna invece dopo una vita ben vissuta e ben spesa. Ciao Nanda!

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