SALVIAMO I CERVI DEL PARCO DELLO STELVIO

Il 14 novembre 2008 il Consiglio del parco nazionale dello Stelvio ha approvato un progetto urgente di “Conservazione e di gestione del cervo” che prevede l’uccisione, da parte dei cacciatori residenti nel Parco, di circa 1.765 cervi all’interno del Parco nazionale, nel settore lombardo.
Le uccisioni avverranno in una zona naturale a protezione speciale e molto vicino a 6 siti naturali definiti di importanza comunitaria.
Il Consiglio del parco ha anche chiesto che questo progetto di abbattimento non sia sottoposto alla valutazione ambientale strategica, una procedura di garanzia, prevista dalla legge, che valuti gli effetti dell’attività venatoria sui siti interessati dall’operazione di “Conservazione” del cervo nel Parco nazionale.
Il Consiglio ha approvato il progetto di abbattimento asserendo che i cervi sono “troppi”. Il censimento su cui si basa la delibera del Consiglio è tecnicamente discutibile e le conclusioni si rifanno ad assunti altrettanto discutibili (si è ipotizzato che in Lombardia viva una popolazione separata di cervo, mentre il cervo si muove in continuazione, dentro e fuori dal parco e muta le proprie concentrazioni a seconda della stagione).

Il Consiglio ha addotto ad ulteriore motivazione per le uccisioni i danni potenziali che i cervi possono creare alla vegetazione, ai pascoli, alla circolazione, ma all’attualità i danni sono insussistenti.

Il Consiglio del Parco ha scartato in considerazione metodi di riduzione alternativi all’uccisione dei cervi, quali la dispersione in altri territori, ed ha affidato le uccisioni ai cacciatori residenti nel parco invece che ad esperti professionisti: guardie forestali, veterinari, guardiaparco.
Nonostante il Consiglio abbia approvato gli abbattimenti come un intervento “urgente” contro l’asserito esubero numerico, in realtà esso consente la caccia ai cervi nel parco nazionale dello Stelvio sino al 2018. Le sparatorie continuative comporterebbero il ritiro degli animali nei posti più impervi ed irraggiungibili rendendo impossibile ai turisti l’osservazione degli animali in libertà, e quindi inutile un soggiorno nel parco nazionale.

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