UVA ALL’AMUCHINA

Uffici di un municipio di Roma. Interno giorno. Una funzionaria (con laurea e titoli vari, come scoprirò poi) offre dell’uva alla collega, che esita perché non sa se è lavata.
“Non ti preoccupare, cara, l’ho pulita con l’amuchina”. Rassicurata la collega infila in bocca il primo acino gonfio e plasticoso e mi verrebbe spontaneo bloccarle il braccio, chiamare il 118 per il trattamento sanitario obbligatorio e, invece, niente. Rimango a osservare la scena cercando di non perdere il posto in fila per il certificato. Evidentemente l’educazione alimentare non si insegna e non si apprende in casa se una persona colta pensa sia giusto usare un disinfettante chimico su un frutto. Una cultura dell’igienizzazione forzata, che ha portato alla crescita bestiale di allergie e intolleranze, produce questi mostri, gente che non si preoccupa se l’uva sia o meno biologica, ma aggiunge veleni a quel cocktail di residui chimici che probabilmente già avrà incorporato l’innocente frutto. Per riprendermi da cotanto orrore mi sono concesso un gelato all’uva fragola biologica e al melograno al gelataio sotto casa. A Roma è ancora estate, e anche questo tanto rassicurante non è.

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