A FORNOVOLASCO

Fornovolasco mi strega appena mi avvicino. Ma come fa a stare appollaiato lì, aggrappato alla montagna con tutta la sua forza questo minuscolo villaggio? Vi confluiscono tre torrenti e pare che tutta la forza dell’acqua si scateni per trascinarlo a valle senza successo. Purtroppo nel 1996 ci sono scappati anche i morti per la furia della natura, la terribile alluvione che colpì la Versilia. Il bar rifugio “La buca” è più che accogliente, c’è anche la cedrata e delle ottime tortine fatte in casa. 40 gli abitanti d’inverno, mi dice il gestore. Eppure faccio fatica a crederci, mi sembrano troppi. Cammino per le strade senza incontrare nessuno, salvo degli scout che alloggiano nel centro giovanile. Poi a poco a poco degli abitanti appaiono. Non solo anziani, c’è una ragazza dai capelli rossi, ci sono dei giochi dei bambini fuori di una porta. C’è vita a Fornovolasco. Le strade si intersecano tra di loro, diventano cunicoli, gallerie, come quelle della vicina Grotta del Vento. Fatico a capire se entro in una casa, se violo una proprietà privata o se sto camminando semplicemente per i vicoli del paese.
Gli spazi pubblici qui, come in gran parte dei paesi, sono spazi collettivi, vissuti e non spazi di nessuno, abbandonati. Per questo ci si perde e si ha l’impressione di entrare a casa di qualcuno. Le Alpi Apuane, intanto, ci guardano alle spalle, minacciose come i nuvoloni neri che vi si addensano.

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